
ESSAY ON THE PRINCIPLE OF POPULATION
Essay of the Principle of the Population fonde il dato bidimensionale con l’oggetto tridimensionale: otto testi incorniciati in rosso, disposti su due file, sono posti sopra altrettante mani di plastica rossa rivolte verso lo spettatore. La valenza scultorea dell’insieme è giocata sul contrasto cromatico del rosso e bianco, che qui si alternano nei diversi elementi. Il colore rosso ricorre nella produzione di Rebecca Ballestra come polivalente metafora dell’amore, del peccato, del sangue, della morte, ma dal 2009 diventa anche un elemento di cui l’artista si serve per richiamare l’attenzione dello spettatore: in questo caso, le mani e le cornici rosse sono un segnale, un’‘avvertenza’, un monito per chi osserva l’opera e un’esortazione a leggere i testi tratti dal famoso saggio di Thomas Robert Malthus, An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society, pubblicato nel 1798. I brani incorniciati riprendono diversi passaggi del testo in lingua inglese, tratti in particolare dal secondo capitolo e dal terzo, dove il noto economista inglese espone il metodo formulato per calcolare il rapporto tra popolazione e risorse. Partendo da postulati quali “il cibo è necessario all’esistenza dell’uomo” e “la passione tra i sessi è necessaria”, Malthus sviluppa la tesi secondo la quale l’aumento della popolazione mondiale avviene in progressione geometrica mentre l’aumento delle risorse avviene in maniera aritmetica, con la conseguente netta sproporzione tra le due variabili. Seper le piante e gli animali il ‘freno naturale’ ad un infinito aumento delle diverse specie è la “dispersione del seme, la malattia e la morte prematura”, per l’uomo vengono individuate altre misure: “lo strumento più efficace per evitare la crescita della popolazione era quello di tenerla nella miseria, poiché se si fosse elevato il tenore di vita dei miserabili, questi (Malthus ne era certo) non avrebbero fatto altro che riprodursi, aggravando il promareblema della carenza di cibo”. Un altro metodo, sempre individuato da Malthus, con cui arginare l’aumento della popolazione umana è il controllo delle nascite: secondo le errate teorie maltusiane dovremmo oggi essere 256 miliardi di individui, invece che quasi sette miliardi recentemente censiti, ma anche se la sua stima non era corretta, i dati dell’aumento demografico degli ultimi anni (sovrascritti in rosso, in ognuno degli otto riquadri che compongono l’opera) sono comunque allarmanti: 791 milioni nel 1750, 978 milioni nel 1800, 1262 milioni nel 1850, 1650 milioni nel 1900, 2521 milioni nel 1950, 5901 milioni nel 1998, con la previsione di arrivare a 8909 milioni di abitanti nel 2050. Purtroppo quest’ultima stima è già risultata fallace: a sette anni di distanza dal rapporto dell’Onu dal quale l’artista ha tratto tali dati, i pronostici per il 2050 sono saliti a 9.149 milioni di abitanti. La presunta insufficienza di risorse alimentari paventata da Malthus è oggi apparentemente sfatata dai dati forniti dalla Banca Mondiale, secondo cui il cibo “prodotto a livello mondiale potrebbe garantire un consumo di 3.500 calorie al giorno per ogni persona che vive su pianeta”. Lo smisurato aumento della popolazione porta con sé, però, un costante aumento dei consumi, incidendo quindi sul rapido esaurimento delle risorse primarie.






